エピソード

  • Riviera del Gambarogno
    2024/07/11
    Sei sulla Riviera del Gambarogno, sulla sponda sinistra del Lago Maggiore. Non importa se sei arrivato per caso o per scelta, dopo tanto andare. Tra villaggi vivaci, riflessi del lago e sentieri di montagna, adesso sei qui: e non te ne vorrai più andare. La Riviera del Gambarogno distribuisce giorni di sole e climi miti, viste sconfinate e cieli aperti, correndo dal lago e i suoi ciottolati alle vette più alte, tra boschi di castagni e alpeggi mozzafiato. Ce n’è per giorni e giorni, ma da qualche parte bisognerà pur partire: tu, oggi, cominci da Vira Gambarogno, un paesino piccolo, ma con un fascino enorme. La chiesa di San Pietro è affacciata sul lago, quasi lambita dalle onde, e tutto il nucleo è considerato il centro storico di Vira Gambarogno: case abbracciate le une alle altre, vicoli stretti, arcate, e una strada che conduce a castagneti infiniti, in un paesaggio indomito che prosegue fino alla montagna. Il tuo cammino ti porta al Parco Botanico del Gambarogno, tra Piazzogna e Vairano, dove ti immergi in un mosaico di centinaia e centinaia di magnolie, azalee e camelie. È un paradiso botanico ideato da Otto Eisenhut, un vivaio protetto e amato, che dagli anni ’50 in ogni stagione esplode di colori e profumi. A due passi da qui, nelle Bolle di Magadino, acqua e terra si intrecciano. Si tratta di un paesaggio golenale protetto, da esplorare in bicicletta fra sentieri didattici e zone d’osservazione, dove la biodiversità prolifera e vengono a sostare gli uccelli migratori. Le rive del lago promettono bagni tranquilli e sport acquatici, escursioni a bassa quota, villaggi colorati e cibo tipico, ma anche mondi visti da lontano, cammini faticosi che ti fanno sentire un tutt’uno con la natura, non solo osservatore. Lungo il sentiero e sulla cima del Monte Gambarogno il panorama è bello da piangere: il Lago Maggiore si stende ai tuoi piedi, Ascona e Locarno brillano in lontananza, e tu ti senti parte di tutto, del silenzio e dei pascoli infiniti, della montagna e di questa regione. Scendi verso Indemini, un villaggio di pietra che racconta storie antiche, in un labirinto di vicoli stretti, archi ombreggiati, e case di gneiss strette l'una contro l’altra. Il sole tramonta: dormi in rifugio, domani ti sveglierai con l’alba che colora i prati del monte. Non è finita, la Riviera continua: con il Sentiero dello Yoga a Vairano, dove meditare circondato dalla foresta, o ancora i luoghi energetici e storici di questa regione, come l’ultima capanna con tetto in paglia del Ticino ai Centocampi, o con il sentiero di montagna punteggiato di rose alpine, che dall’Alpe di Neggia ti porta fino alla vetta del Monte. Sei sulla Riviera del Gambarogno. Non importa se sei arrivato per caso o per scelta, alla fine non te ne vorrai più andare.
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  • Monte Gambarogno
    2024/07/11
    Sei alle pendici del Monte Gambarogno, sulla sponda sinistra del Lago Maggiore, pronto a camminare fino in cima, a camminare fino a essere un tutt’uno con il cielo ma profondamente in contatto con la terra, come succede dopo le escursioni migliori. Parti all’Alpe di Neggia, da cui un sentiero ben curato si snoda fino alla vetta del Monte Gambarogno. Man mano che ti inerpichi, panorami mozzafiato si srotolano davanti a te: il Lago Maggiore si distende placido ai tuoi piedi, mentre l’intera catena alpina si staglia all’orizzonte. Da qui puoi ammirare la maestosità del Monte Rosa, il gruppo del Mischabel, e il Basòdino che svetta fiero a 3272 metri, la seconda vetta più alta delle Alpi ticinesi. Proseguendo lungo il sentiero, trovi la Capanna Gambarögn, un rifugio recentemente ristrutturato dove sostare per qualche minuto o qualche ora: c’è silenzio, c’è una vista a perdita d’occhio, ci sei tu seduto su un prato a contemplare il cammino fatto, e quello ancora da percorrere. E allora riparti: il percorso prosegue sinuoso lungo il versante occidentale fino all’Alpe Cedullo, dove è doveroso assaggiare almeno un pezzetto del formaggio locale. Un’ultima breve salita ti porta finalmente in cima: l’Oratorio di Sant’Anna svetta come una preghiera o una promessa, e segna il confine con l’Italia. Ha affreschi antichissimi, raffiguranti una Madonna del Latte, e attribuiti alla cerchia di artisti di Antonio da Tradate, e proprio accanto alla cappella c’è un rifugio per te che sei viandante, che oggi passi per queste montagne. Il sentiero finale scende verso il villaggio di Indemini, serpeggiando attraverso il pendio dei Sassi Gialli. La cornice della tua discesa è la Val Crosa, con i suoi boschi di betulle, e i tetti di pietra che compaiono all’orizzonte. Indemini è una minuscola frazione costruita interamente con gneiss estratto localmente; conserva intatto il suo fascino, fatto di case allineate, tetti di pietra, vicoli e scale intrecciate. Attraversa queste antiche strade con cura e meraviglia, lascia che Monte Gambarogno si sveli. Se saprai ascoltare i suoi immensi silenzi, ti parlerà di mondi antichi, vite alternative, e delle parti più profonde di te.
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  • Parco del Piano di Magadino
    2024/07/11
    Il Ticino è terra di montagne e vallate, incantevoli insenature e ripidi pendii, ma cela al suo interno una gemma preziosa: una grande pianura che si estende tra Bellinzona e il Lago Maggiore. Qui, incastonato a sud delle Alpi, si trova il Parco del Piano di Magadino, la più vasta distesa pianeggiante del Cantone. Un luogo in cui la natura prospera rigogliosa e incontaminata, grazie anche alla presenza delle Bolle di Magadino, rinomata oasi palustre. Il Parco è uno scrigno di biodiversità, e accoglie specie protette, uccelli rari, e una varietà di piante e flora uniche. Passeggiando lungo i suoi sentieri, verrai accolto da cartelli informativi che ti guideranno alla scoperta delle sue bellezze naturali, ma troverai anche la mano dell’uomo. Accanto alla riserva, infatti, il parco ospita ampie aree addomesticate nel corso del tempo. L’allevamento prospera e il grano dorato cresce rigoglioso, insieme ad altre eccellenze agroalimentari. Gran parte del parco è dedicata all’agricoltura, e così il 75% della produzione orticola del Ticino nasce e cresce proprio in questa fertile pianura, per essere poi esportata in tutta la regione. Il Parco del Piano di Magadino non è solo un rifugio per la flora e la fauna: è anche un luogo di svago per i visitatori, che possono godere di campeggi, pittoresche osterie, scuderie e parchi avventura. Questo equilibrio tra la natura incontaminata e l’influenza umana permette al parco di far brillare la propria triplice anima, offrendo attività per ogni gusto. Con undici chilometri di tracciato lungo il fiume Ticino, percorribili a piedi o in bicicletta, il parco invita a un viaggio in cui la biodiversità e l’umanità convivono armoniosamente. Tra un avvistamento e l’altro di specie come il tritone crestato nelle paludi o uccelli come l’upupa e la civetta, puoi pedalare attraverso viali alberati, scorgere punti di osservazione e ammirare il laghetto del Demanio o il biotopo Vigna Lunga Trebbione. E perché no, dopo una lunga pedalata, fermarti per assaporare i prodotti locali alle colorate bancarelle che costellano il percorso.
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  • Cardada Cimetta
    2024/07/11
    Cardada Cimetta è vista e tatto, contemplazione e sperimentazione. Qui puoi abbracciare con lo sguardo il punto più alto e quello più basso della Svizzera, fare sport estremi, ma anche passeggiare a piedi nudi o scegliere il romanticismo puntando dritto al lago a forma di cuore. Puoi dare il via a un’escursione intorno alle valli ticinesi, o ancora più su fino al trail della Via Alta Vallemaggia, tra le creste più alte e selvagge della ragione regione?. È una rampa di lancio, un punto di partenza privilegiato per chi ama il movimento, ma anche un punto d’arrivo, per chi desidera respirare aria buona e guardare il cammino già fatto. Ma andiamo con ordine, e cominciamo dal basso. A Cardada, a pochi passi dalla stazione d’arrivo della funivia, trovi la passerella paesaggistica: pensata per tutti, anche per passeggini e sedie a rotelle, la passerella sembra tendersi nell’aria, sferzata dolcemente dal vento, e si inoltra tra le cime degli abeti, sospesa da terra. Lungo la via triangoli di cielo e panorami mozzafiato ti inondano gli occhi: il Lago Maggiore, le Centovalli, e parte della Vallemaggia. Sembra una cartolina, e non è nemmeno l’unico punto panoramico di queste zone. A più di milleseicento metri di quota, raggiungibile tramite funivia e seggiovia e incastrato tra aspre rocce, si trova un osservatorio geologico circolare, che sembra venir fuori da un film fantascientifico o dalla fantasia. La vista si apre da ogni parte: lungo il piano di Magadino e fino a Bellinzona, ad est, verso le alpi svizzere ad ovest, e fino al Lago Maggiore. Nelle giornate più limpide, spingendo lo sguardo a sud, oltre le montagne che abbracciano il Lago, si scorgono gli Appennini Liguri a ridosso di Genova. Non c’è solo sguardo, ma anche tatto e esperienza. A partire dalle informazioni sulle placche continentali raccolte nell’osservatorio, e continuando con le proposte per i bambini e le famiglie sparse per l’area di Cardada Cimetta: qui trovi la grande altalena #swingtheworld, diverse aree gioco, una caccia al tesoro avventurosa e il geocaching attraverso GPS per i più grandi. Incontrerai il percorso Cardada Bike 397 se sei amante della bici, o il nordic walking trails, percorso d’orientamento e punto di decollo per il parapendio. Se desideri rilassarti un po’, c’è spazio anche per il percorso plantare, da seguire rigorosamente a piedi scalzi. In inverno puoi scegliere di fare un’escursione in racchette da neve o un giro in slitta, o ancora puoi imbarcarti, con un istruttore, in una romantica gita al chiaro di luna attraverso i pendii. Una cosa è certa: dallo sport agli osservatori, dai tramonti mozzafiato alle palle di neve, qualsiasi persona tu sia, Cardada Cimetta ha qualcosa anche per te.
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  • Val Porta
    2024/07/11
    Per entrare in Valle Verzasca e arrivare a Vogorno superi un piccolo fiume, attraverso un ponte. Leggenda narra che in un tempo lontano, sul ponte sorgesse una porta: proteggeva la valle da incursioni straniere, dalla peste che incombeva in Europa, da spiacevoli incontri. Forse non era di legno massiccio, forse era solo pensata, ma la porta era una dogana, e si apriva su una valle nascosta. Si tratta della Val Porta: un tesoro nascosto e ricco di bellezze naturali, da percorrere lungo vie storiche e panorami mozzafiato. La Val Porta è una valle affluente della Verzasca, e custodisce prati secchi puntellati di fiori selvatici, sentieri scoscesi e riserve forestali. Attraversa la porta, bussa alla valle. Con cura e meraviglia, comincia il cammino. Passeggi partendo da Vogorno, inoltrandoti sul versante destro della valle. Il sentiero si estende dolcemente, con grandi alberi ad ombreggiarlo e proteggerti dal sole. Lentamente, man mano che ti inoltri lungo il sentiero, la valle si schiude: grandi aree aperte con orchidee e gigli rossi a colorare i prati secchi si alternano a boschi di faggi e latifoglie miste, lasciati allo stato naturale. Qui, nel 2016, è stata creata una riserva: l’intervento umano è stato bandito, con l’obiettivo di far riprendere alla natura il suo stato originario e selvaggio. Puoi camminare per un paio d’ore così, fra fiori e alberi, fino a raggiungere monti di 1400 metri, e poi tornare indietro dallo stesso sentiero. Se il percorso non ti basta, vai avanti: percorri un anello oltre le betulle e gli antichi pascoli, e arriva fino a quote di 2000 metri, passando attraverso boschi di larice e paesaggi mozzafiato. La notte, dopo tanto cammino, fermati a Capanna Borgna: un rifugio nella parte alta della valle, dove nelle serate estive il sole tramonta senza fretta, e il Ticino si lascia guardare fino al lago Maggiore. Più cammini, più le creste si fanno ripide: ghiaia e prati, cieli altissimi e viste impossibili su tutta la valle ti fanno compagnia, mentre il silenzio sacro della montagna ti avvolge. Guardati attorno, sentiti accolto. La porta si è aperta, la valle per oggi è anche tua.
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  • Via Alta Vallemaggia
    2024/07/10
    Tre parole: spazio, natura e cammino. La Via Alta Vallemaggia è spazio. È nata in un angolo della mente, vent’anni fa, a forma di sogno: quello di collegare Cardada e Fusio tramite un sentiero d'alta montagna. In pochi anni la sua forma si è irrobustita, è diventata reale, e nel 2009 è diventata un sogno lungo 50 km, con l’apertura ufficiale della prima tappa del sentiero, nato per costeggiare e passare attraverso gli alpeggi e le eredità del territorio. Presto la via si è presa ancora più spazio: perchè era magnifica, o perchè quando si inizia a sognare è difficile fermarsi ai cinquanta chilometri. Così, dopo dodici anni, si è aperto il percorso tra Fusio e Ponte Brolla. La Via Alta Vallemaggia è diventata un circuito di duecento chilometri ad alta quota, con diciannove tappe e centinaia di luoghi, paesaggi e emozioni lungo il percorso. Spazio, natura e cammino. La Via Alta Vallemaggia è natura. Laghi di montagna, erbe aromatiche che profumano l’aria, ghiaioni e prati fioriti, paesaggi montani imponenti e rifugi disseminati lungo la via, per sostare durante la notte. Il circuito attraversa le montagne del Ticino, portandoti dal Lago Maggiore fino alla valle, e ritorno. Non è un percorso facile: escursionisti e amanti della natura lo sanno. Ma in fondo, il bello è proprio questo: scalare le montagne, sudare verso la vetta, e dall’alto, finalmente, guardare la luce che si spande ovunque sulla valle. Spazio, natura e cammino. La Via Alta Vallemaggia è cammino: un percorso condiviso, amato, persino raccontato. È il caso del documentario “In cammino sul crinale”, che nel 2020 ha raccontato 170 km di escursione in prima persona. È un viaggio fisico, ma anche spirituale: di chi cerca, attraverso lo sforzo, di sentirsi un unico grande corpo con la montagna e la natura circostante. E camminando lungo le creste montuose, alla fine si rende conto di essere cambiato.
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  • Grotto America
    2024/07/10
    A metà ottocento, in un punto raccolto e custodito dal suono del fiume del Ticino, le famiglie della regione si incontravano per parlare del futuro. Le parole degli abitanti erano chiare, limpide come l’acqua del fiume Maggia a due passi da loro. Stiravano le gambe, mangiavano insieme, appoggiati ai grandi tavoli in pietra, e sedevano con il volto rivolto al sole. Parlavano di fortuna, di viaggi transoceanici, di cosa vuol dire sentirsi a casa a migliaia di chilometri di distanza. Parlavano d’America, da un Grotto nel Ticino. Alcuni di loro, dopo molto parlare, partirono davvero: si trovarono ancora una volta nel loro rifugio affacciato sul fiume, abbracciato dal muschio e le fronde degli alberi dei loro boschi, mangiarono ancora e bevvero insieme. Gli abitanti del Ticino emigrarono: fecero fortuna, come avevano detto, e intrapresero viaggi transoceanici. Crearono nuove famiglie e si trovarono in qualche punto d’America, in un rifugio di qualche tipo, a parlare di fare ritorno. Le parole erano chiare, come l’acqua del fiume che avevano lasciato in Ticino. Parlavano di quando stiravano le gambe, appoggiati ai grandi tavoli in pietra del Grotto, del muschio e delle fronde degli alberi, del fresco della cantina e della gente, della lingua a loro cara. Parlavano degli altri, rimasti a casa. Tornarono al Grotto, e senza malinconia lo chiamarono America. Era stato il seme della loro fortuna, e vollero che anche gli altri, passando di lì, sedendosi ai grossi tavoli in pietra sentissero quella specie di speranza che aveva animato i loro discorsi. Oggi il Grotto America resiste: si mangia ancora tipico, ha le pareti dipinte, affaccia ancora sul fiume Maggia, proprio nel cuore di Ponte Brolla. In estate apre le porte agli artisti, ai sognatori, a chi tiene viva quella speranza, grazie all’Angolo degli artisti: uno spazio fisico e metaforico in cui creativi svizzeri e internazionali si esibiscono sul palco, e condividono le proprie pratiche artistiche. Grotto America ha ancora lo spirito di metà ottocento: nella terrazza esterna, affacciata sul fiume Maggia, e nella sala interna con il camino e la luce soffusa, nella cantina antica che custodisce vini, salumi e formaggi d’Alpe, nelle esibizioni artistiche e nel chiacchiericcio diffuso. Il Grotto America, ancora oggi, è custode delle storie di ieri, e continua a parlare dei sogni giganti per il domani.
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  • Bosco Gurin e i Walser: tra storia e leggenda
    2024/07/10
    Oltre i valichi alpini, superati i ghiacciai, migliaia di anni fa viveva un popolo. Avevano bestie da pascolare e campi coltivati, e i loro bambini giocavano insieme ai folletti delle foreste, di giorno, e di sera si addormentavano davanti al fuoco ascoltando canti e storie leggendarie su tesori nascosti, spiriti della foresta e malvagi diavoli. Era il popolo dei Walser, che vissero isolati fino al Medioevo, quando i ghiacciai si ritirarono e alcuni di loro attraversarono le Alpi. Partirono da una valle perduta, oltre il Monte Rosa, e arrivarono fino al Ticino. Qui, nel 1253, fondarono il villaggio di Gurin. Per giungere fino a qui percorri tornanti e strade ripide, curve e piccoli villaggi incastrati fra i boschi, che man mano si diradano lasciando spazio alla natura. Prosegui ancora, finché non hai la sensazione che l’uomo, qui, non abbia mai messo piede. Invece eccolo Bosco Gurin. Case in legno introvabili nel resto del Ticino, viuzze strette in pietra e scalini, dove le auto non passano e il tempo si è fermato. Tutto parla di storia e leggenda, tradizione e invenzione di questo popolo: dai costumi delle origini alla cultura magica, passando per la lingua. Accanto all’italiano si parla ancora il Ggurijnartitsch, un dialetto svizzero tedesco. È il villaggio più alto del Ticino, oltre i 1500 metri sul livello del mare, ed è molto amato dagli appassionati dello sport. Qui d’inverno si scia, ma in estate si passeggia tenendo gli occhi aperti su creature mitiche, flora e fauna selvatica. È il posto ideale per lunghe escursioni a piedi o in bicicletta, e potrebbe capitarti di incontrare un Weltu, uno degli esseri leggendari della tradizione Walser: piccoli abitanti delle foreste con i piedi girati al contrario, che si dice sostituiscano gli umani nel pascolo del bestiame durante il maltempo. A Bosco Gurin anche la cultura non manca: il museo Walserhaus offre uno sguardo sulla vita dei villaggi isolati, con una sezione dedicata a Hans Tomamichel, famoso creativo originario di qui. D’altra parte, l’ispirazione non manca: tra cultura magica, lettura di destini e libertà di pensiero, i Walser hanno aperto la strada.
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